Lo sceicco bianco
Anno: 1952
Pellicola: bianco e nero
Durata: 85 min
Produzione: P.D.C. – O.F.I.
Distribuzione: P.D.C.
Visto censura: 1172007/04/1952
Due sposi novelli, Ivan e Wanda, sono in viaggio di nozze a Roma per l’anno Santo. Lui, pignolo e metodico, di famiglia borghese, ha già preparato un programma per il viaggio, con annessa visita al Papa; lei, appena arrivata a Roma, lascia l’albergo per mettersi alla ricerca dello “sceicco bianco”, il protagonista di una serie di fotoromanzi di cui è appassionata lettrice, al quale ha scritto decine di lettere. Wanda riesce a trovare il suo idolo sul set approntato a Fregene, dove stanno “girando” un nuovo episodio. La ragazza decide di unirsi alla troupe. Intanto Ivan, disperato, la sta cercando per tutta la città, nascondendo a parenti e amici romani, con bugie e complicati inganni, la fuga della moglie. Sulla spiaggia di Fregene Wanda, coinvolta in sgradevoli disavventure, scopre che il suo eroe è molto diverso da come lo aveva sognato: è un pover’uomo succube della moglie. E il mondo dei fotoromanzi non è quello da lei immaginato. Delusa, tenta di uccidersi in maniera goffa gettandosi nel Tevere. Viene salvata e finalmente torna in albergo dal marito, appena in tempo per correre a San Pietro, dove li aspettano i parenti per la visita al Papa.
per l’immagine del manifesto si ringrazia © Webphoto & Services
Cast tecnico
Regia: Federico Fellini
Soggetto: Federico Fellini, Tullio Pinelli (da un’idea di Michelangelo Antonioni)
Sceneggiatura: Federico Fellini, Tullio Pinelli con la collaborazione di Ennio Flaiano
Fotografia: Arturo Gallea
Operatore: Antonio Belviso
Musica: Nino Rota
Direttore d’orchestra: Fernando Previtali
Scenografia: Raffaello Tolfo
Montaggio: Rolando Benedetti
Aiuto regia: Stefano Ubezio
Suono: Armando Grilli, Walfredo Traversari
Trucco: Franco Titi
Fotografo di scena: Osvaldo Civirani
Segretario di edizione: Moraldo Rossi
Produttore: Luigi Rovere
Direttore di produzione: Enzo Provenzale
Segretario di produzione: Renato Panetuzzi
Cast
Alberto Sordi : Fernando Rivoli “Lo sceicco bianco”
Brunella Bovo : Wanda Giardino in Cavalli
Leopoldo Trieste : Ivan Cavalli
Giulietta Masina : Cabiria
Lilia Landi : Felga
Ernesto Almirante : il regista di fumetti
Fanny Marchiò : Marilena Vellardi
Gina Mascetti : la moglie dello “Sceicco bianco”
Enzo Maggio : il portiere d’albergo
Ugo Attanasio : lo zio di Ivan
Jole Silvani : prostituta amica di Cabiria
Curiosità
“Il primo giorno della lavorazione dello Sceicco bianco cominciò male, proprio male. Si doveva girare in esterni. Ero partito da Roma all’alba, salutando Giulietta con il batticuore di chi va a sostenere un esame. Avevo una Cinquecento e l’avevo fermata davanti a una chiesa, ero entrato addirittura a pregare. Nell’ombra mi era parso di intravvedere un catafalco, e mi ero lasciato prendere dalla superstizione che si trattasse di un cattivo presagio, ma poi il catafalco non c’era, nella chiesa non c’era nessuno, né morto né vivo. C’ero solo io, che non mi ricordavo più nemmeno una preghiera. Feci alcune vaghe promesse di ravvedimento e uscii un po’ inquieto. Sulla strada di Ostia, alla Cinquecento era scoppiata una gomma, allora quando scoppiava una gomma bisognava cambiarla con le proprie mani. Io comunque non me ne sentivo capace, così stavo lì, abbastanza disperato, pensando che ero già in ritardo per la mia prima regia. Per fortuna passò un camionista siciliano di buon umore, e fece il cambio lui. Arrivai a Fregene alle nove e tre quarti mentre l’appuntamento era per le otto e mezzo. Si erano imbarcati tutti in un barcone che era a un chilometro di distanza su un mare immenso. Mi parevano lontanissimi, irraggiungibili. Mentre un motoscafo mi portava verso di loro, il barbaglio del sole mi confondeva gli occhi. Non solo erano irraggiungibili, non li vedevo più. Mi domandavo ‘E ora cosa faccio?…’ Non ricordavo la trama del film, non ricordavo nulla, desideravo tagliare la corda e basta. Dimenticare. Poi, però, di colpo tutti i dubbi mi svanirono quando posai il piede sulla scala di corda. Mi issai sul barcone. Mi intrufolai tra la troupe. Ero curioso di vedere come sarebbe andata a finire”.
Federico Fellini, Fare un film, Einaudi, Torino, 1980, p. 51-52
Critiche
In Lo sceicco bianco l’originalità dell’espressione trova la sua concretezza in una inquietudine senza sfogo, che si riflette e si manifesta nella cattiveria con cui la macchina da presa si muove, ora per fissare impietosamente, ora per sollecitare in tono di satira, gesti fatti e azioni dei protagonisti piccolo-borghesi alle prese con la realizzazione dei loro sogni provinciali. Una piccola borghesia vista come rinuncia alla autenticità, come desiderio di inseguire con commovente impegno una folla di miti usuali e flaccidi: dalla fanfara dei bersaglieri – simbolo di una retorica patriottarda – al mondo dei fotoromanzi; dalla passeggiata in carrozza per le vie di Roma al suicidio per onore, alla sospirata udienza. (Lino Del Fra, “Bianco e Nero”, a. XVIII, n. 6, giugno 1957)
Il film non solo riconferma le possibilità registiche di Federico Fellini dopo Luci del varietà diretto in collaborazione con Lattuada, ma offre anche l’esempio di un’opera che, per essere valutata nei suoi effettivi valori, richiede un’attenta lettura e magari una rilettura. A uno sguardo superficiale, infatti, sfugge la singolarità del lavoro, proprio perché Fellini sembra muovere persone comuni in ambienti comuni mediante un’azione che diremmo quasi banale. Ma quelle persone, quegli ambienti, quelle azioni assumono significati precisi che investono, sia pure indirettamente, un giudizio e una critica. Il giudizio e la critica erano, del resto, anche alla partenza di Luci del varietà. Tuttavia, mentre in quel film Liliana alla fine vive ancora nel mondo dei fumetti (significativi, in tal senso, i giornali che chiede all’amante) e di sé non ha proprio risolto nulla, in Lo sceicco bianco Wanda, ugualmente provinciale e formatasi sui fotoromanzi, riesce a evadere dall’”amorosa menzogna” in cui era sentimentalmente irretita. La sua avventura diventa un’esperienza positiva perché la restituisce alla realtà. (Guido Aristarco, “Cinema Nuovo”, a. I, n. 1, 15 dicembre 1952)